FRANCESCO DE MAIO
CERAMICA DI VIETRI
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FRANCESCO DE MAIO
CERAMICA DI VIETRI
Maioliche forgiate e decorate a mano che sono l'espressione di un mestiere antico con decorazioni che reinterpretano la memoria storica o la innovano secondo i mood più moderni e le nuove tendenze di design...
Utopia by Design.
Design Biennale - Londra
Le maioliche bianche e nere della Francesco De Maio alla prima Biennale di Design di Londra
Nella mostra in programma dal 7 al 27 settembre 2016, la Ceramica Francesco De Maio è partner tecnico dell’installazione White Flag ideata dal La Triennale Design Museum di Milano.
Venti bandiere bianche come contemporanea metafora dell’utopia. Così La Triennale Design Museum interpreta Utopia by Design, il tema della prima edizione della London Design Biennale, in programma alla Somerset House.
«La bandiera bianca è il simbolo della resa. Parla la stessa lingua a tutti. Il suo significato è universale». Così i curatori Silvana Annicchiarico e Giorgio Camuffo raccontano le premesse concettuali dell’installazione White Flag, «La sua apparizione implica il cessate il fuoco: sotto la protezione della bandiera bianca e dello spazio di dialogo che questa crea, le diverse posizioni possono trovare delle modalità di convivenza dove l’esistenza di una parte non comporta la sottomissione o l’estinzione dell’altra. Come tutte le utopie, anche quella del mondo “arreso” anela a qualcosa di irrealizzabile».
A sostegno delle bandiere bianche un pavimento di maioliche bianche e nere disposte in modo da raffigure, come un pixel, la geografia del mondo. Le piastrelle italiane scelte per la pavimentazione dell’installazione per rappresentare il mondo in questo prestigioso evento mondiale a Londra con 35 nazioni, sono quelle realizzate a mano dalla Ceramica Francesco De Maio.
Le maioliche in formato 10x10cm bianco lucido e pennellato nero lucido, sono così protagoniste a Londra del “White Flag” ideata per La Triennale Design Museum dai curatori Silvana Annicchiarico e Giorgio Camuffo in sinergia con venti giovani designer ed architetti.
I curatori hanno selezionato 20 designer italiani ai quali è stato chiesto di disegnare una bandiera bianca “caricandola di segno, senso, significato per comunicare il valore della tregua, della resa, individuata dai curatori come contemporanea metafora dell’utopia, intesa non più come gesto di costruzione, ma come atto di decostruzione”, spiegano dalla Triennale.
I progettisti hanno ripensato la simbolica bandiera bianca come emblema utopico di tregua globale. Le bandiere verranno inizialmente posizionate sulla mappa del mondo al cuore dell'installazione, ma ogni giorno della Biennale, uno dei flag sarà rimosso e sostituito da un oggetto scelto o creato dal progettista. Tutto ciò per infondere un senso di urgenza, anche di emergenza, per i luoghi scelti segnati sulla mappa.
Una mappa geografica del mondo, quindi, fa da scenografia all'installazione che tutta in divenire. Un work in progress che solo alla fine si svela come un paesaggio di progettuale e oggettuale, «una sorta di offertorio generato nel tempo della tregua».
I designer del progetto:
Antonio Aricò; Associato Misto; Marco Campardo and Lorenzo Mason; Cristina Celestino; Matteo Cibic; CTRLZAK Studio; Francesco D’Abbraccio (Studio Frames); Folder; Alessandro Gnocchi; Francesca Lanzavecchia (Lanzavecchia + Wai); Lucia Massari; Giacomo Moor; Eugenia Morpurgo; Rio Grande (Lorenzo Cianchi, Natascia Fenoglio, Francesco Valtolina); Sovrappensiero Design Studio; Alessandro Stabile; Studio Gionata Gatto; Studio Zanellato/Bortotto; Gio Tirotto; 4P1B Design Studio.
L'esposizione londinese con un nuovo allestimento e una nuova veste grafica sono stati riadattati ad hoc e portati negli spazi del Palazzo dell’Arte de La Triennale Design Museum di Milano in programma dal 16 giugno al 27 agosto 2017. Al centro del progetto sempre la bandiera bianca (White Flag) come metafora progettuale dell’utopia (tema della biennale londinese) e come veicolo per trasmettere un messaggio simbolico: «il valore della tregua, della resa, intesa non più come gesto di costruzione, ma come atto di decostruzione», come spiegano i due curatori Silvana Annicchiarico e Giorgio Camuffo che hanno osservato nel corso della storia una “saturazione” di modelli che si escludono a vicenda nel tentavivo di prevalere l’uno sull’altro. «È il momento di fare un passo indietro».
Una mostra attenta, profonda, che fa riflettere.